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27 settembre 2019 Tutto quello che c’è da sapere sul welfare aziendale: cos’è, come funziona e quali sono i benefici
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Tutto quello che c’è da sapere sul welfare aziendale: cos’è, come funziona e quali sono i benefici

Cos'è il welfare aziendale e quali sono i benefit che il datore di lavoro può mettere a disposizione in azienda? I consulenti di Zeta Service elencano tutti i tipi di benefit aziendali e le soluzioni previste dalla normativa fiscale.

Cos’è il welfare aziendale?

Il welfare aziendale consiste in un piano aziendale finalizzato all’assegnazione di benefit, dunque benefici quali beni, prestazioni, opere e servizi in natura o sotto forma di rimborso spese. Può essere istituito per volontarietà del datore di lavoro tramite un regolamento aziendale, oppure tramite un contratto/accordo aziendale (contrattazione di seondo livello), tramite previsione espressa nel contratto collettivo nazionale di lavoro – CCNL (ad esempio nel CCNL Metalmeccanici industria).

Il welfare aziendale comporta dei benefici per i dipendenti dovuti all’esenzione totale o parziale da imposte e contributi e per i datori di lavoro che beneficiano dell’esenzione contributiva e della deducibilità totale o parziale dal reddito d’impresa secondo i criteri di legge.

Welfare aziendale, in cosa consiste?

Il welfare aziendale è un insieme di prestazioni non monetarie che il datore di lavoro mette a disposizione in azienda. In aggiunta alla retribuzione, i dipendenti possono usufruire di una serie di agevolazioni, rimborsi e fringe benefit che beneficiano di un regime fiscale agevolato sia per il dipendente che per il datore di lavoro

Negli ultimi anni il welfare aziendale si è diffuso così tanto che alcuni Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro hanno imposto degli importi annuali che il datore di lavoro deve mettere a disposizione dei dipendenti sotto forma di welfare aziendale, come ad esempio nel caso dei contratti nell’industria metalmeccanica).

Quali benefici prevede il welfare aziendale? 

Il “pacchetto” di benefit da mettere a disposizione dei dipendenti viene definito dal datore di lavoro che può scegliere tra le molteplici benefit e soluzioni previste dalla normativa fiscale, tra cui: 

  • buoni d’acquisto per il carburante;
  • contributi per shopping o spesa al supermercato;
  • sport e benessere, tempo libero, cultura e formazione; 
  • previdenza complementare; 
  • assistenza sanitaria integrativa; 
  • rimborsi scolastici.

Il piano welfare aziendale può essere definito in autonomia dal datore di lavoro senza il coinvolgimento dei dipendenti e delle rappresentanze sindacali (a meno che non si tratti di welfare in sostituzione del premio di produzione). L’unica caratteristica che deve rispettare è che l’accesso ai beni e servizi offerti sia subordinato al raggiungimento di risultati liberamente determinabili dal datore di lavoro a priori.

Se invece il datore di lavoro vuole offrire la possibilità ai propri dipendenti di convertire tutto o parte dei premi di risultato in welfare, è necessario seguire delle precise norme: 

  • contrattazione di secondo livello; 
  • deposito del contratto sul portale ministeriale; 
  • indicazione di precisi parametri misurabili di incremento di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione. In questi casi, inoltre, la decisione di convertire il proprio premio di risultato deve essere presa liberamente dal singolo lavoratore.

Flexible benefit in azienda: cosa sono?

Le prestazioni messe a disposizione dei dipendenti nei piani di welfare aziendale vengono anche indicati con il nome di flexible benefit, flessibili proprio perché il dipendente può scegliere come spendere il proprio “portafoglio” di benefit messo a disposizione dal datore di lavoro.

Le Leggi di stabilità a partire dal 2016 hanno agevolato il diffondersi del welfare aziendale in sostituzione dell’erogazione dei premi di risultato previsti nelle aziende tramite contrattazione di secondo livello (si veda paragrafo welfare aziendale e premio di produzione).

Welfare aziendale: come funziona, benefit e agevolazioni

Con il diffondersi dell’utilizzo del welfare aziendale, negli ultimi anni sono state create varie piattaforme, o portali welfare, da società che si occupano esclusivamente e non di seguire i piani welfare delle aziende. Tramite queste aziende, il datore di lavoro mette a disposizione dei propri dipendenti un portale web su cui effettuare la scelta dei benefit richiesti fino ad esaurimento del proprio “tesoretto” di welfare disponibile.

Le tipologie di welfare aziendale che possono essere messe a disposizione dei dipendenti sono individuate dalla normativa fiscale (art. 51 del TUIR - Testo unico delle imposte sui redditi). 

Chi sono i destinatari dei progetti di welfare aziendale?

Il welfare aziendale, per essere tale, deve essere rivolto alla totalità dei lavoratori dipendenti di un’azienda o, in alternativa, a specifiche categorie, ad esempio può essere previsto solo per gli impiegati. 

Le “categorie” di dipendenti non devono necessariamente essere relative a specifiche qualifiche contrattuali (impiegati, operai, quadri e dirigenti), ma in generale possono includere gruppi omogenei di dipendenti secondo un criterio oggettivo, ad esempio: livelli, posizioni, fasce gerarchiche (es. manager, quadri intermedi, capi reparto), mansioni, anzianità aziendale o anagrafica.

Il welfare aziendale può essere esteso anche a determinate categorie di familiari dei dipendenti, anche se non fiscalmente a carico dello stesso (da indicazioni dell’art. 12 del TUIR), ovvero:

  •       coniuge non legalmente ed effettivamente separato (o partner nelle unioni civili ex L.76/2016);
  •       figli, compresi i naturali riconosciuti, i figli adottivi o affidati;
  •       coniuge; 
  •       genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi;
  •       genitori adottanti;
  •       generi e nuore; 
  •       suocero e suocera; 
  •       fratelli e sorelle.

Welfare aziendale: tassazione del premio di risultato o produttività

Il premio di risultato è soggetto all’imposta sostitutiva del 10% a carico del lavoratore fino a importi massimi di 3.000 € (o di 4.000 € qualora le aziende in accordo sindacale prevedano specifiche forme di coinvolgimento dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro) se il reddito del dipendente, nel periodo d’imposta precedente, non è superiore a 80.000 euro. Inoltre il premio è soggetto a contribuzione INPS.  

Benefit previsti dal welfare aziendale: quali sono?

Quali sono i benefici del welfare aziendale per i dipendenti? Quali i benefit di cui si può usufruire in caso di disposizione del welfare aziendale?

  • Spese familiari

Per spese familiari si intendono una serie di rimborsi che il dipendente può richiedere al proprio datore di lavoro per utilizzare il proprio portafoglio di welfare. Le spese rimborsabili sono completamente esenti da imposizione fiscale o previdenziale, per cui vengono erogate in busta paga in aggiunta allo stipendio netto del mese. Rientrano in questa categoria:

  • Spese per finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza o culto: ad esempio buoni per visite mediche e spese per libri scolastici;
  • Spese istruzione Asili Nido;  
  • Spese istruzione universitarie e on universitarie;
  • Assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti;
  • Contributi previdenziali ed assistenziali versati per addetti all’assistenza familiari anziani o non autosufficienti.
     
  • Fringe benefit 
    Per fringe benefit si intendono i beni ceduti o dati in concessione al dipendente da parte del datore di lavoro. La normativa fiscale prevede che tali beni non siano sottoposti a tassazione se di valore annuale inferiore a € 258,23. Il valore di ogni singolo bene viene calcolato con delle precise indicazioni contenute nell’articolo 51 del TUIR al comma 4 per beni quali auto o appartamento aziendale, oppure è insito nella tipologia di benefit (scheda carburante, buono spesa, ecc). Solitamente rientrano in questa categoria:
     
  • Buono carburante;
  • Buono spesa;
  • Card spendibili per viaggi in aereo o treno.

Meno solitamente vengono invece concesse in dotazione benefit quali auto aziendale in uso promiscuo, ossia utilizzata dal dipendente sia per fini lavorativi che personali, oppure fabbricati in locazione.

  • Buoni pasto 

Le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi, sono completamente esenti fino a un importo giornaliero pari a € 5,29 per i buoni pasto cartacei, aumentato a 7€ nel caso di ticket pasto elettronici.

  •  Assistenza sanitaria e previdenza

I dipendenti possono scegliere di destinare parte o tutto il proprio welfare aziendale versano a casse, fondi e gestioni previsti da contratti collettivi, accordi, regolamenti aziendali che erogano prestazioni integrative previdenziali o assistenziali a favore del lavoratore e dei suoi familiari nel corso del rapporto di lavoro o dopo la sua cessazione. Tali prestazioni hanno come finalità quella di integrare le prestazioni statali fornite dall’INPS in materia di previdenza e sistema sanitario nazionale. Le somme destinate a questa categoria non rientrano nella base imponibile ai fini contributivi ma sono soggette a un contributo di solidarietà del 10% a carico del datore di lavoro, che deve versarlo all’INPS. Per quanto riguarda invece la tassazione fiscale, è prevista un’esenzione per importi annuali non superiori a € 5.164,37 per la previdenza complementare e € 3.615,20 per l’assistenza sanitaria integrativa.

  • Spese per il servizio di trasporto pubblico

Tra le spese rimborsabili al dipendente tramite il piano welfare aziendale rientrano anche quelle sostenute per l’acquisto di abbonamenti di trasporto pubblico locale, regionale ed interregionale. In questi casi il datore di lavoro può rimborsare in busta paga la spesa sostenuta dal dipendente o provvedere direttamente all’acquisto dell’abbonamento

Welfare aziendale e rimborsi per il mutuo 

Nei piani welfare aziendali può essere data la possibilità ai dipendenti di utilizzare il proprio “portafoglio” per richiedere il rimborso degli interessi pagati per un mutuo stipulato con la propria banca. In questo caso il dipendente non potrà successivamente portare in detrazione nella propria dichiarazione dei redditi gli interessi rimborsati tramite welfare. Naturalmente in questo caso il beneficio per il dipendente è evidente, considerando che la detrazione in dichiarazione è pari al 19% del totale degli interessi pagati nell’anno.

Va però sottolineato che da qualche anno il rimborso degli interessi del mutuo tramite welfare aziendale non comporta alcun aggravio fiscale o previdenziale per il lavoratore perché il TUR (Tasso Ufficiale di Riferimento comunicato annualmente dalla Banca Centrale Europea) è da qualche anno a zero. La normativa fiscale prevede che, nel caso in cui il tasso comunicato a gennaio 2020 (relativamente al 2019) fosse diverso da zero, concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente il 50% della differenza tra gli interessi calcolati al TUR e gli interessi al tasso praticato dalla banca calcolati al netto del contributo erogato dall’azienda.

Welfare aziendale e interessi del mutuo: due esempi pratici 

Per capire meglio come funziona la concessione di rimborsi per gli interessi del mutuo ai dipendenti di quelle aziende che decidono di assegnare dei benefit con un sistema di welfare aziendale, riportiamo due esempi pratici:

Nel primo caso, si verificano le seguenti condizioni:

  1. Welfare utilizzato dal dipendente per rimborso degli interessi mutuo = 1.000 €
  2. Totale degli interessi pagati nell’anno per il mutuo = 4.000€
  3.  Interessi rimasti in carico al lavoratore = 3.000 € 
  4.  Interessi calcolati con un TUR positivo = 800 €

Reddito da assoggettare a tassazione = 800 – (4.000 – 1.000) = 0 (numero negativo)

In questo caso quindi, seppur con un TUR positivo, i mille euro rimborsati al dipendente non verrebbero assoggettati a tassazione fiscale o imposizione previdenziale (così come avviene con il TUR pari a zero).

Nel secondo caso, invece

  1. Il welfare utilizzato dal dipendente per rimborso degli interessi mutuo è pari a 1.000 €
  2. Il totale degli interessi pagati nell’anno per il mutuo è di 4.000€
  3. Gli interessi rimasti in carico al lavoratore corrispondono a 3.000 € 
  4. Interessi calcolati con un TUR positivo = 3.500 €

Reddito da assoggettare a tassazione = 3.500 – (4.000 – 1.000) = 500€ 

Poiché il risultato supera la soglia prevista per i fringe benefit pari a € 258,23, l’intero importo sarà soggetto a tassazione fiscale e imposizione previdenziale: in questo caso, il datore di lavoro dovrà provvedere a trattenere la quota di contributi INPS e l’IRPEF dovuta al lavoratore nelle operazioni di conguaglio di fine anno

Welfare aziendale: quali sono i pro e i contro?

 In caso di conversione del premio di risultato in welfare, sia il dipendente che il datore di lavoro usufruiscono di un beneficio fiscale e contributivo dovuto al fatto che le voci di welfare aziendale non sono soggette a tassazione (fatta eccezione per i casi già elencati). Inoltre, nei casi di conversione del premio in welfare aziendale destinato a previdenza complementare o assistenza sanitaria integrativa, non sono previsti i limiti di deducibilità fissati in caso di welfare aziendale (€ 5.164,37 per la previdenza complementare e € 3.615,20 per l’assistenza sanitaria integrativa)

Svantaggi del welfare aziendale in sostituzione del premio di risultato

Il quadro delineato dalla normativa fiscale negli ultimi anni ha portato numerosi vantaggi economici per i lavoratori che richiedono una conversione del proprio premio in welfare aziendale. L’unico svantaggio del welfare aziendale individuabile per il lavoratore, di fatto, è strettamente collegato al beneficio economico che il lavoratore trae dalla mancata applicazione dell’imposizione contributiva. I lavoratori, infatti, perdono i versamenti previdenziali che i datori di lavoro avrebbero dovuto effettuare per le somme destinate a welfare in caso di erogazione in busta paga (finanziati in parte dagli stessi lavoratori per le quote a loro carico), e quindi in questo modo potrebbero avere una decurtazione della pensione maturata. 

Naturalmente, questo effetto può essere considerato inconsistente nella maggior parte dei casi. Alberto Perfumo nel suo libro “Il welfare aziendale è una iattura”, affronta in maniera critica l’argomento del welfare aziendale, citando uno studio secondo cui la destinazione di 1.000 € di premio all’anno in welfare per 37 anni conduca a una decurtazione della pensione di 873 € l’anno.